Le tartarughe tornano sempre – Enzo Gianmaria Napolillo

Salvatore vive da sempre nella sua isola, aiutando il padre giornalmente nel suo lavoro: la pesca. Giulia invece, anche se originaria della stessa isola, ci torna con la famiglia solo per il mese delle vacanze estive; per il resto del suo tempo vive e studia al nord, nella grigia Milano: tutta nebbia e aria chiusa.

Giulia e Salvatore stanno insieme fin da quando erano piccoli e si erano conosciuti giocando a pallone sulla spiaggia: per Salvatore Giulia che scende dal traghetto e torna da lui è un punto fisso, come sono un punto fisso le lettere con la busta rosa che arrivano puntualmente da Giulia per tutto il resto dell’anno.

Ma quell’estate sarà diversa. Giulia e Salvatore stanno godendosi una giornata di sole e relax quando sul bagno asciuga viene riportato dal mare il corpo inerme di un ragazzino. Altri corpi arrivano da poco più avanti e sull’orizzonte si intravede un barcone carico di migranti. Cosa sta succedendo?

Questo avvenimento sconvolgerà la vita di tutti sull’isola ma soprattutto di Giulia e Salvatore che metteranno in discussione tutta la loro storia in balia di una crescita interna improvvisa, conseguenza della realtà che come un’onda si infrange sulla loro adolescenza.

Chissà se però questa crescita li riporterà insieme alla fine, come aveva predetto Giulia con la lanterna lanciata sulla spiaggia insieme, o li separerà per sempre rendendoli consapevoli di quello che la crescita fa alle vite umane. Alla fine dei conti bisogna essere come le tartarughe. Nascono sulla spiaggia, corrono in mare, vivono ma alla fine tornano sempre dove sono nati. Le tartarughe tornano sempre!

L’ultimo dell’anno la città sprofonda in un grigio pesante e respirabile. Alle quattro del pomeriggio il buio è quello di un cappuccio calato a forza sul viso di un milione di persone. Salvatore aspetta Giulia, non ha voglia di andare alla festa, vorrebbe rimanere con lei nel letto a contare i secondi che precedono la mezzanotte e ascoltare i fuochi d’artificio fuori dalla finestra. Sente il richiamo della sua isola […]

 

Commento:

Ho scelto, inizialmente, questo libro perché l’argomento è molto attuale. Salvatore e Giulia dovrebbero fare solo da contorno al racconto della vita difficile che fanno i migranti che cercano di scappare dalla loro terre aride e piene di guerre in cerca di salvezza.

Il libro risulta molto strano e quindi, anche se le pagine sono poco più di 200, risultano un pochino pesanti: partiamo dal presupposto che il narratore cambia. Un po’ il narratore risulta esterno, un po’ è Salvatore stesso a raccontarci le sue sensazioni. Questa prima cosa mi ha un po’ destabilizzato. Ma la cosa reale che rende pesante il testo è la quasi assoluta mancanza di dialogo.

Per il 90% del libro non esiste un dialogo tra persone; è quindi tutto un riflettere e far girare la testa su descrizioni dei luoghi, ma soprattuto su riflessioni interne e su crescite personali.

Salvatore ovviamente passa dall’adolescenza spensierata e gioconda al dover crescere perché la realtà gli viene sbattuta in faccia in un tranquillo pomeriggio. Nel mondo esiste il male e ora lo so. Da quel momento in poi il libro scorrerà con le riflessioni di Salvatore (mentre è in barca o mentre passeggia sul lungo mare) di quanto sia dura la vita etc etc. Mettiamoci in mezzo anche il fatto che le uniche certezze di Salvatore alla fin fine vanno scemando. Però così facendo non sono riuscita ad entrare in empatia con nessuno dei personaggi perché mi sembravano sempre tutti molto eterei.

Salvatore vede l’isola dall’alto, un punto nel mare circondato dalle incessanti onde invernali, apparentemente inamovibile. Ne riconosce forma e colori, come si possono riconoscere i lineamenti del visto amato sempre più vicino. Un tavoliere spazzato dal maestrale, con strade sterrate, un paese arroccato, case sparse e le piscine azzurre delle ville private. Un contadino nell’orto che alza la testa per guardare l’aereo e con una mano sulla fronte si difende dal sole.

Un’altra cosa strana che ho notato è che mai l’autore fa il nome dell’isola in questione. Viene chiamata sempre isola, isola sconosciuta, triangolo ma perché non fare direttamente il nome del luogo? Questo però non lo spiega e il dubbio mi è rimasto, secondo voi quale potrebbe essere la motivazione?

Nel complesso l’idea del libro poteva anche piacermi, ma come è stata sviluppata mi ha lasciata un po’ interdetta. Forse questo genere non fa per me e preferisco qualcosa di più romanzato, anche se si tratta di fatti realmente accaduti e che, in questo caso, accadono tutt’ora.

Spero di avere più fortuna con la prossima lettura.

Buone letture readers!