The Atlas paradox

The Atlas paradox – Olivie Blake

Ai sei maghi più talentuosi della loro generazione è stata data l’opportunità della vita: entrare nella Società Alessandrina, la società più segreta ed elitaria del mondo magico. Cinque di loro, ora, ne sono membri, e basta poco perché si rendano conto che essa custodisce un potere in grado di sovvertire le regole dell’universo.

Non solo, l’uomo che ne è a capo progetta di mutare le leggi stesse dell’esistenza e i suoi piani sono già in atto. Ma un potere e una conoscenza tanto sconfinati hanno sempre un prezzo altissimo. I nuovi iniziati saranno disposti a pagarlo, pur sacrificando amicizie e alleanze all’apparenza solide?

The Atlas Paradox è il secondo, attesissimo volume della trilogia bestseller di The Atlas Six , divenuta un caso editoriale internazionale grazie a TikTok ancor prima della pubblicazione. Considerata un capolavoro del genere dark academia, l a saga diventerà una serie tv firmata Amazon Studios.

Recensione de “The Atlas Paradox”:

Questo è il classico caso del libro di mezzo di una trilogia. Non sai come allungare il brodo e allettare i lettori?! Scrivi una trilogia e il secondo libro rendilo inutile.

All’interno di questi capitoli andiamo a conoscere meglio i personaggi (che sono davvero tanti): le loro caratteristiche, i loro poteri e il loro potenziale. E quei pochi avvenimenti che sono stati descritti e che avrebbero meritato una nota di interesse sarebbero potuti essere racchiusi in un paio di capitoli aggiunti all’ultimo libro.

Tanti elementi nel primo libro sono stati sottoposti alla nostra attenzione e credo che nessuno di essi sia stato spiegato o abbia avuto un seguito. Le spiegazioni scientifiche (per chi come me non è per nulla ferrato in merito) sono articolate in modo non del tutto semplice e più volte sono tornata indietro con la lettura per cercare di capire. In più un sacco di note riflessive, a volte anche troppo eccessive.

Detto questo niente di altro è stato detto o raccontato, nulla spiegato ma solo reso ancora più confuso. Insomma la parola per definire questa lettura è stata deludente.

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La spia del mare

La spia del mare – Virginia De Winter

Venezia, 1741. Cordelia Sheffield è una spia inglese, bella, intelligente e letale. Cassandra Giustinian invece è una nobile veneziana dalla grazia incantevole, colpita da una misteriosa malattia. Nessuno sa che sono gemelle, che dividono un’unica vita e l’amore per lo stesso uomo: lo splendido Cassian d’Armer, una spia del Doge, tormentato da un passato di guerra e violenza.

Quando gli Inquisitori della Serenissima allungheranno le loro ombre sui segreti dei Giustinian, Cassian rischierà ogni cosa per salvare dalla morte la donna che ama. La lotta lo legherà fatalmente a tre uomini: un nobile francese fuggito dalla Corte di Versailles, un pari di Spagna in esilio volontario e un giovane abate, Giacomo Casanova, perfetto spadaccino e donnaiolo impenitente che li guiderà attraverso le calli e i balli fastosi, nella frenesia del meraviglioso carnevale veneziano.

Agenti segreti e alchimisti, crudeli assassini coi volti della Commedia dell’Arte convergono nella Serenissima e danno avvio a un pericoloso gioco di spie, alla ricerca di un mistero sepolto sul fondo della laguna, dove una fanciulla dorme in una bara di cristallo, custode di un segreto che potrebbe far vacillare l’esistenza stessa della Repubblica di Venezia.

Recensione de “La spia del mare”:

Come sempre la scrittura di questa autrice è talmente incalzante da riuscire a tenerti legato alla sua lettura senza farti accorgere del tempo che passa.
La storia è molto bella ed originale: ho apprezzato molto sia il fatto che i protagonisti fossero delle spie e sia l’ambiente io e di Venezia che all’epoca doveva essere molto bella.

Come sempre Virginia riesce a prendere il passato e la sua cultura e a renderla odierna, dando maggior credito al ruolo di una donna nella società, cosa che a quell’epoca era impensabile. La donna doveva essere solo oggetto di scambio è di trattative vantaggiose, mentre qui riesce ad avere un ruolo e addirittura ad essere una spia per conto di una nazione. Fantastico.

Ho amato la protagonista è il suo carattere indipendente , anche se il nome troppo simile a quello della sorella me le ha fatte confondere è ancora adesso non mi ricordo chi sia l’una o l’altra. Mi immedesimo sempre molto con i personaggi dal carattere forte e solitari.

Unica nota dolente sono alcuni piccoli buchi di trama che mi hanno lasciato un po’ perplessa. Nelle parti finali non viene praticamente mai menzionata più la sorella e, anche se si sa essere più o meno al sicuro, mi fa strano che lei prima tanto legata non chieda nemmeno di vedere dove è stata “sepolta” o che non la ricordi più spesso. Prima era disposta a tutto per vederla felice, anche fingersi lei per continuare la sua relazione con Cassian e poi più nulla? Prima era legatissima al suo amico e collega James e poi dopo lo menziona giusto un paio di volte.

È poco credibile che, reso noto ad entrambi l’amore che Cassian e Cordelia provano l’uno per l’altro, il resto della vita precedente venga completamente dimenticato. O forse potrebbe essere credibile ma è una cosa che a me proprio non piace. L’amore non è totalitario.

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Sotto la porta dei sussurri

Sotto la porta dei sussurri – T. J. Klune

Quando un mietitore va a prenderlo al suo stesso funerale, Wallace comincia a sospettare di essere morto.

E quando Hugo, il proprietario di una singolare sala da tè, si offre di aiutarlo ad “attraversare”, Wallace capisce che, sì, deve proprio essere morto.

Ma Wallace non si rassegna ad abbandonare una vita che sente di avere a malapena attraversato ed è deciso a vivere fino in fondo anche un piccolo scampolo, anche una breve parentesi di esistenza che, se vissuta pienamente, può farsi intera.

Recensione di “Sotto la porta dei sussurri”:

Dopo averne sentito parlare da ogni parte mi sono decisa e ho voluto anch’io provare a leggere qualcosa di quest’autore. Forse avrei dovuto iniziare da La casa sul mare celeste – che vi prometto leggero presto.

Il primo approccio è stato particolare: la scrittura dell’autore è molto bella, incalzante e lineare. Sa fare delle ottime descrizioni e lo show don’t tell è esplicato in modo perfetto. La cosa che non mi ha convinta del tutto qui è stata proprio la storia, che a mio parere è stata un po’ lasciata al caso e non resa unica nel suo genere. Ho trovato infatti che la storia non avesse lo stesso ritmo incalzante è pieno di fascino come la scrittura dell’autore e la cosa mi è dispiaciuta e non poco.

Il protagonista, un avvocato senza scrupoli e dedito solo al suo lavoro, a causa di un infarto muore e si ritrova in una sorta di limbo (una caffetteria gestita da Hugo, il traghettatore). Qui Wallace inizia a capire tante cose della propria vita appena passata e di aver mancato tanto nel suo comportamento verso gli altri, ma come?! Così da un giorno all’altro. Non c’è un crescendo, non esiste epifania. Solamente un giorno si sveglia e si rende conto che è stato un vero e proprio st****o con le persone che gli hanno voluto bene. Troppo perbenismo non giustificato da una crescita personale del protagonista.

Bella l’idea di aiutare le anime perdute, ma anche qui trovo sbagliata la parola che viene usata per identificarli. Gusci. Avrei scelto un termine tipo Ombre, Presenze, etc. Ma guaco proprio non mi da l’idea di che cosa possano essere.

Se vogliamo anche parlare del finale, facciamolo ma anche qui posso spendere ben poche belle parole. Scontato è ciò che mi viene in mente e questa secondo me è stata la pecca maggiore. Far finire bene la storia poteva anche starci ma così è stato davvero troppo. Non coerente, assolutamente non credibile, quando con un poco di immaginazione in più si poteva pensare ad un finale simile ma d’effetto.

Perdono l’autore per la sua scrittura magnetica, ma soprattutto per il fatto che questo libro gli è servito per metabolizzare un dolore immenso che ha dovuto affrontare poco prima della stesura di questo romanzo.

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Cambiare l’acqua ai fiori

Cambiare l’acqua ai fiori – Valerie Perrin

Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una storia piena di misteri.

Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale.

Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime che parevano nere si rivelano luminose.

Recensione di “Cambiare l’acqua ai fiori”:

Oggi più che una recensione vorrei proporvi una ricetta: prendete una base composta da una passione per i libri nata grazie ai grandi classici. Aggiungete un pizzico di thriller/giallo e amalgamatelo con il genere storico. A fine cottura unite tutto il fantasy famoso mai letto e preparatevi a gustarlo. Ora che il tutto è ben cotto gustatelo con una salsa inappropriata come la narrativa di genere, vi posso assicurare che qualcosa stonerà.

Tutta questa suspense e questa voglia di conoscere il mondo passato o storie di fantasia non si sono mai amalgamate nel mio interno con questo genere. Mai l’ho capito e molte volte l’ho trovato anche noioso e pesante. Troppi cliché e troppi giri di parole per allungare il brodo di elucubrazioni senza capo né coda.

Questo è sempre stato il mio pensiero: ma poi ho letto questo libro.

Tutto quello detto prima non fanno parte di questo racconto. Non posso dire null’altro se non che l’autrice ha una modalità di scrittura ipnotica e quasi mai sono riuscita a staccarmi dai suoi racconti. Le descrizioni sono bellissime e le metafore usate sono semplici e dirette. La storia potrà sembrare noiosa perchè devo ammettere che la sinossi non è per nulla attraente, e dalle prime pagine in effetti non sembra nulla di diverso, ma la storia che racconta Violette su se stessa e su ciò che le accade attorno vi rapirà e ne vorrete sempre di più.

Violette è orfana e in cerca costante di qualcuno che la possa amare e quando conosce Philippe alle prime attenzioni che le regala lei è già sua. Ma lui è buono solo per giocare ai videogame e per tradirla e sfruttarla. Questo libro ci racconterà passo passo la crescita di Violette e forse anche di Philippe. Ci farà incontrare personaggi primari e secondari che ci daranno sempre nuovi spunti sulla quale riflettere. In fin dei conti Violette è tenuta a portare avanti un sentimento difficile a livello empatico: il dolore di chi ha perso qualcuno.

Ho adorato la caratterizzazione di quasi tutti i personaggi: faccio davvero fatica a trovare un preferito perché qui anche i cattivi sono stati creati davvero bene. Forse solo le ultimissime pagine hanno portato alla luce un cliché che l’autrice poteva risparmiarsi, ma essendo davvero piccolo e di poco conto sono disposta a passarci sopra. Credo che leggerò altro di suo, anche perché mi è stato detto che un altro suo libro forse è ancora più bello.

Buone letture.

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Enola Holmes. Il caso del bouquet misterioso

Enola Holmes. Il caso del bouquet misterioso – Nancy Springer

Fiori bianchi, fiori rossi: un bouquet di indizi e di inganni recapitato senza mittente segna l’inizio di un nuovo mistero… niente paura, sta per arrivare Enola Holmes. Quando il dottor Watson svanisce senza lasciare alcuna traccia, Enola Holmes, che ancora si nasconde dai fratelli, crede che sia una messinscena orchestrata da Sherlock e Mycroft per farla uscire allo scoperto.

Enola sa che pur di ritrovarla, rinchiuderla in collegio e non averla più tra i piedi, Sherlock saprebbe usare perfino il proprio migliore amico come esca. Per questo Enola è più determinata che mai a non farsi coinvolgere. Almeno fino a quando in casa Watson non viene recapitato un bouquet composto unicamente da fiori che simboleggiano… la morte.

Fiori bianchi, fiori rossi. Il mittente è anonimo, il messaggio è chiaro. Il dottor John Watson è in pericolo. E forse è già troppo tardi… Questa volta non c’è spazio per i litigi dei fratelli Holmes: se vogliono salvare il braccio destro di Sherlock, devono trovare il modo di collaborare e dar retta all’investigatrice più furba della famiglia.

Tra nuove identità e messaggi in codice, continuano le avventure di Enola, un’eroina intelligente e caparbia, capace di farla sotto il naso dello stesso Sherlock Holmes.

Recensione di “Enola Holmes. Il caso del bouquet misterioso”:

E siamo giunti al terzo capitolo di questa saga. Un capitolo un po’ controverso, lo devo ammettere. A differenza dello scorso qui abbiamo metà testo che parla della vita privata di Enola e metà che tratta il caso della scomparsa di Watson.

La parte che tratta la storia personale di Enola mi è piaciuta molto. Il suo eterno conflitto con la madre per esempio che le ha sempre insegnato come cavarsela da sola e a cui Enola è molto grata in contrapposizione alla sensazione di sentirsi abbandonata proprio dall’ultima persona che lei avrebbe sospettato. La continua fuga dai suoi fratelli che la vorrebbero vedere educata e sistemata come una brava signorina di quel tempo ma che lei proprio non accetta. In questo punto ho apprezzato molto la parte finale che riguarda suo fratello Sherlock. Forse di lui mi sono sempre fidata e spero che alla fine di questa saga, si dimostri il fratello buono e comprensivo che immagino.

La parte del caso invece non mi ha soddisfatto del tutto. Forse nei libri precedenti mi ero abituata a risoluzioni un po’ più macchinose ed ingegnose e qui invece mi è sembrato tutto troppo semplice. Si, certo, arrivare al risultato finale per Enola, da sola, non è stato semplice. Ma qui non c’è stato proprio mistero nello scoprire il colpevole: ci vengono dati elementi per scoprire la sua identità nello stesso momento in cui ci viene svelata effettivamente la sua identità. Bello però il linguaggio dei fiori che viene ulteriormente citato è utilizzato in questo capitolo.

La scrittura come sempre è molto accattivante e le descrizioni sono davvero incredibilmente realistiche, ogni volta mi sembra di essere a Londra in quel momento storico. Adoro questa scrittura: semplice e diretta, efficace e scrupolosa. Davvero da magistrale.

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Presenza oscura

Presenza oscura – Wulf Dorn

Il mio nome è Nikka. Mi hanno uccisa. Ma questo è solo l’inizio…

Quando Nikka, sedici anni, si risveglia dal coma in ospedale fatica a ricordare cosa sia successo. Era a una festa, questo lo ricorda, insieme alla sua amica Zoe. Ma poi? Poi, improvvisamente un blackout. Nikka ha provato l’esperienza della morte: per ventuno terribili minuti il suo cuore ha cessato di battere, ma il suo cervello ha continuato a funzionare. E Nikka ricorda un tunnel buio in cui si intravedeva una luce e ricorda che anche Zoe era con lei. E quindi rimane scioccata alla notizia che Zoe è scomparsa proprio durante la festa e che da allora manca da casa. Che sia stata uccisa? Nikka è convinta di no e appena riesce incomincia a cercarla…

Ma fin dove sarà disposta a spingersi per salvare la sua migliore amica?

Recensione di “Presenza oscura”:

Vi ho mai detto quanto adoro questo autore? Forse troppe poche volte!

Se nell’ultimo libro suo che ho letto (la psichiatra) qualcosa nello scritto non mi aveva soddisfatto al 100%, questo non si è verificato in questo capitolo. Non ci troviamo sicuramente di fronte ad un thriller il cui gioco è quello di cercare il colpevole (anzi ammetto di aver intuito la storia finale quasi subito).

L’abilità di questo autore, in questo romanzo, è quella di tenere appiccicato il lettore ad ogni pagina anche se la fine della storia appare scontata. Le descrizioni che vengono fatte, il modo in cui i personaggi siano credibili in tutto e per tutto fanno sì che non si voglia far altro che continuare a leggere per finire il libro. E anche alla sua fine si cerca di capire se potrà esserci un seguito (che in realtà a me sarebbe piaciuto).

La cosa che mi ha affascinato di più è stata leggere tra i ringraziamenti che alcune parti, quelle che parlano del post-mortem siano ispirate a storie vere. Sara che in questo periodo l’argomento mi affascina abbastanza o sarà, come dice lui alla fine, che anche se si tratta di un avvenimento triste e tabù ci incuriosisce talmente tanto da essere attratti dal capire cosa avviene dopo la morte.

Vorrei anche fare un apprezzamento per essere riuscito ad entrare bene nella testa di due ragazzine adolescenti – anche se non capisco perché le ragazze appassionate di lettura vengono descritte sempre come introverse e poco socievoli, non sarà da superare questo cliché?

Però il personaggio che mi è piaciuto di più è stato quello di Sascha (non ricordo se fosse scritto così). Lui, animo altruista e gentile che a sangue freddo e in maniera lucida ragiona sulle cose che succedono senza farsi prendere dal panico. Mi piace pensare che anch’io riuscirei ad essere così per aiutare qualcuno. Ma non vorrei davvero trovarmi nella situazione di scoprirlo.

Per il finale vorrei parlare con qualcuno che ha già letto il libro. Quindi nel caso contatterò chi me lo farà sapere e si ricorda bene il finale.

Buone letture a tutti.

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È così che si muore

È così che si muore – Giuliano Pasini

Sono passati dieci anni dall’ultima volta che il commissario Roberto Serra ha dovuto seguire un’indagine a Case Rosse, borgo di mille anime arroccato sull’Appennino emiliano in cui ha avuto luogo uno dei crimini più brutali della sua carriera. Ha chiesto lui di essere assegnato di nuovo a quel minuscolo commissariato tra le montagne e i campi, perché lì pensava di poter sfuggire ai fantasmi che accompagnano le sue notti e provare a rimettere insieme i pezzi della sua vita.

È un giorno di maggio uguale a tanti altri quando viene chiamato nella frazione di Ca’ di Sotto per un incendio. Il cadavere di Eros Bagnaroli, detto il Burdigòn , lo scarafaggio, viene ritrovato carbonizzato in quel che resta della sua casa, ma sul suo corpo ci sono ferite che nessun fuoco è in grado di è stato sgozzato, come si fa da quelle parti col maiale.

Inizia così la seconda indagine di Serra a Case Rosse, e un muro invalicabile di omertà sembra di nuovo circondarlo, mentre la Danza, il suo male oscuro, gli crolla addosso quando meno se lo aspetta. Questa volta, però, non è solo. Al suo fianco c’è l’esuberante, rissosa e fragilissima Rubina Tonelli, anche lei con la sua parte di fantasmi e cicatrici.

Per entrambi, cercare la verità sarà un modo per salvarsi. O per condannarsi definitivamente.

Recensione di “È così che si muore”:

Era da tempo che non leggevo un libro giallo e ritornare in quelle ambientazioni è stato appagante. Le ambientazioni sono descritte molto bene, anche se io preferisco la città ai paesini rurali.

Il luogo fa si che l’assassino sia immancabilmente qualcuno di già incontrato (essendo questo il terzo di una serie e il secondo ambientato nello stesso paesino). Roberto, il protagonista, è un ispettore tormentato da una patologia che gli fa vivere momenti passati di vite che a volte non sono la sua. Lui la chiama la Danza è l’unico modo per tenerla a bada sembra sia quella di affogarla nell’alcool.

Rubina è la sua collega, mandata lì per espiare una colpa che forse non ha mai avuto. Lei è il personaggio che più ho patito. Dubito che nella realtà possa esistere una donna che fa quel mestiere e che ha così tanti problemi personali irrisolti (o almeno lo spero). Personalità troppo fragile per tenere con se una pistola in maniera legale. Meno male che a case rosse non c’è quasi mai bisogno di averla a portata di mano.

La storia è ben strutturata e raccontata, ma non mi ha appassionato più di tanto. Sarà il fatto che non sono entrata in sintonia con nessuno dei due personaggi principali (anzi forse mi stavano anche un po’ sulle croate). Forse sarà il fatto che il caso viene risolto in maniera inspiegabile.

Il risultato è un 3 alla fine. Voglio premiare l’abilità dell’autore di scrivere e descrivere il racconto. Spero che i personaggi dei suoi futuri romanzi siamo un po’ più credibili.

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Petrademone. Il libro delle porte

Petrademone. Il libro delle porte – Manlio Castagna

Quando arriva a Petrademone, la tenuta fra i monti in cui gli zii allevano border collie, Frida è chiusa in un bozzolo di dolore. Ha perso entrambi i genitori e l’unica cosa che le rimane di loro sono brandelli di ricordi in una scatola. Ma in quello che potrebbe essere il posto ideale dove guarire le feritedell’anima, qualcosa striscia nell’ombra sotto la grande quercia.

I cani della zona spariscono senza un guaito, come se un abisso li avesse ingoiati. La zia, colpita da una malattia inspiegabile, rivela a Frida un importante segreto di famiglia. Insieme ai suoi tre nuovi amici e altri improbabili alleati, la ragazza di trova così a indagare tra strani individui che parlano al contrario o per enigmi, un misterioso Libro delle Porte e creature uscite da filastrocche horror. Nessuno è chi sembra o pensa di essere, i poteri si rivelano, i mondi paralleli si toccano.

La nebbia si alza densa a Petrademone, e per Frida, Tommy, Gerico e Miriam comincia l’Avventura, quella che cambierà le loro vite per sempre.

Recensione di “Petrademone. Il libro delle porte”

Un bellissimo libro per ragazzi, pieno di avventure, amicizie che nascono ed esperienze da fare tutto insieme. Sicuramente sarà una libro che mi piacerebbe che mia figlia leggesse.

Tornando a noi qui la protagonista è Frida, una ragazza che ha appena perso i genitori in un tragico incidente e che vede la sua vita cambiare completamente. A partire dalla sua casa che dovrà lasciare per andare a vivere dagli zii a Petrademone. Questo personaggio è importante dal punto di un bambino/ragazzino perché insegna a capire che le emozioni sono normali. Chiudersi a riccio non serve a nulla, ma invece affrontarle aiuta a superarle.

Abbiamo Miriam, una cugina acquisita, che fin dalla nascita non può parlare ma sa come farsi capire e come ascoltare ciò che la circonda. Con Frida diventeranno subito amiche. Importante perché bisogna sempre sapere che i limiti si possono superare o ci si può imparare a convivere. Ciò che per noi è un difetto per gli altri potrebbe essere un dono: dipende da dove si sta guardando.

I due gemelli Tommy e Gerico, invece, possiamo definirli come i “gemelli diversi” sempre pronti a farci ridere e a sdrammatizzare i momenti più cupi. Pieni di coraggio e di idee geniali.

Barnaba e Cat rappresentano la parte adulta della storia, quella che si è dimenticata di sognare e che le avventure possono trovarsi dietro l’angolo. La parte con i piedi ben piantati a terra.

Ho trovato molto bello questo libro in ogni sua parte: ben studiato, ben costruito e ben scritto. L’ho trovato anche molto originale nella storia, sebbene il fil router di base sia il classico che si trova nella maggior parte dei fantasy.

Consiglio spassionato per chi come me è molto curioso: iniziate la lettura avendo già acquistato il proseguo della serie 😉
Buona lettura.

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Enola Holmes. Il caso della dama sinistra

Enola Holmes. il caso della dama sinistra – Nancy Springer

Sfuggire al detective più brillante del mondo sembrerebbe un’impresa persa in partenza: nessuno ha abbastanza arguzia per superare Sherlock Holmes… Nessuno tranne sua sorella Enola. Che infatti non ha la minima intenzione di farsi rinchiudere in casa per diventare una signorina a modo, come vorrebbero Sherlock e Mycroft.

Del resto, Enola se la cava benissimo da sola. E adesso che ha iniziato a lavorare presso lo studio del dottor Ragostin, illustre detective di Londra, sa di aver trovato la sua strada. È proprio qui che per la prima volta sente parlare di lady Cecily. Bellissima e corteggiatissima giovane che dal giorno alla notte svanisce misteriosamente nel nulla. Che si tratti di fuga d’amore? O peggio… di omicidio?

Le tracce sono indecifrabili, le strade di Londra insicure, Scotland Yard brancola nel buio. Enola però non si perde d’animo: è pronta a prendere in mano le indagini e infrangere tutte le regole, pur di risolvere il caso. Sempre che questo non la trasformi nella prossima vittima… Tra incredibili travestimenti e fughe rocambolesche, continuano le avventure di Enola, un’eroina intelligente e caparbia, capace di farla sotto il naso dello stesso Sherlock Holmes.

Recensione di “Enola Holmes. Il caso della dama sinistra”

Continua a piacermi e a sorprendermi in positivo questa saga: l’autrice ha creato un personaggio fuori dagli schemi è degno di nota in un mondo dove le donne venivano considerate solo se nobili e pronte a sposarsi e a generare piccoli eredi.

Enola vive un momento difficile per il suo genere, soprattutto se si vuole vivere libere e indipendenti. La parte più spettacolare è vedere come lei riesca a destreggiarsi in tutte le situazioni attraverso travestimenti e nomi falsi. Anche se la sua attitudine la porta a trovarsi sempre in mezzo ai guai ed essere sul punto di rischiare la vita. Qui il rapporto con i fratelli Sherlock e Mycroft è ancora conflittuale, in effetti entrambi sono cresciuti in un mondo maschilista e patriarcale e modificare in maniera radicale un pensiero del genere è difficile, anche se nutro qualche speranza per almeno uno dei due.

Avendo letto e poi visto il film del libro ho voluto replicare l’esperienza e qui è cascato l’asino. Le due storie hanno delle differenze sostanziali, ovviamente perché il film dev’essere commerciale e più di spettacolo. Le due protagoniste scomparse (giuro non è spoiler, tanto si sa che Enola quello vuole fare di lavoro) hanno due nomi diversi e arrivano da due mondi diversi: una dalla nobiltà e l’altra da una classe povera.
In entrambi i casi il sottofondo parla della classe operaia che vuole ribellarsi e avere più diritti e delle fiammiferaie. Diciamo che nel film questo tema viene approfondito molto di più.

La cosa che mi è piaciuta molto del film è la collaborazione che c’è tra Enola e il fratello Sherlock. Nel libro la protagonista lo evita come fosse la peste perchè lo scopo del fratello è quella di lasciarla in un istituto che le insegne le buone maniere e ad essere una brava signorina pronta al matrimonio. Nel film invece S. Rispetta molto di più la vita della sorella e la sua libertà. Stranamente per me mi è piaciuta anche la parte della love story che nel libro non esiste proprio.

Vogliamo poi parlare del fatto che nel film sono presenti attori che amo? L’attrice di Enola secondo me è perfetta per quel ruolo ed è davvero brava ad interpretarla. L’attrice di Eudora, beh lei è una delle mie preferite e credo di aver visto praticamente tutti i suoi film (in effetti amo molto i film di Tim Burton quindi tutto combacia).

Diciamo che anche se hanno diversità sostanziali tra di loro ho amato entrambi in egual maniera ed è uno dei pochi casi in cui, anche se non si rispetta il testo, la cosa non mi disturba così tanto.
Insomma: provare per credere no?!

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La psichiatra

La psichiatra – Wulf Dorn

Lavorare in un ospedale psichiatrico è difficile. Ogni giorno la dottoressa Ellen Roth si scontra con un’umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia, a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente rannicchiata ai suoi piedi è stata picchiata, seviziata. È chiusa in se stessa, mugola parole senza senso. Dice che l’Uomo Nero la sta cercando.

La sua voce è raccapricciante, è la voce di una bambina in un corpo di donna: le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggire all’Uomo Nero. E quando il giorno dopo la paziente scompare dall’ospedale senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l’incubo. Nessuno l’ha vista uscire, nessuno l’aveva vista entrare. Ellen la vuole rintracciare a tutti i costi ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire.

Chi è quella donna? Cosa le è successo? E chi è veramente l’Uomo Nero? Ellen non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia.

Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine…

Recensione di: La Psichiatra

Questo autore è davvero mozza fiato, anche se ammetto che rispetto agli altri due, per questo ho impiegato più tempo a finirlo – sarà colpa del periodo di poco sonno e stress.

Qui la protagonista è una donna, una psichiatra per la precisione, che sotto suggerimento del suo compagno decide di dedicare del tempo a una paziente vittima di violenza. La donna però non interagisce e capire cosa sia successo e come aiutarla diventa difficile. Ma il giorno dopo la donna scompare e Ellen, la protagonista, capisce che c’è qualcosa di strano e che la donna va assolutamente trovata e aiutata. Purtroppo l’uomo nero la sta seguendo da un po’ e usa la donna per ricattarla e farle fare il suo gioco.

Ci ritroviamo davanti ad una situazione complicata che fa della mente la sua protagonista. Dorn è bravissimo in questo gioco, perché durante tutto il libro ti fa seguire un percorso con mille vie secondarie che tu continui a prendere e ad abbandonare ogni volta che viene detta una frase diversa da come te l’aspettavi.

Il suo dono è giocare con le menti raccontando di come la vita giochi continuamente con le menti. Forse non l’ho scritto in maniera molto chiara, ma vi assicuro che se vi piacciono i thriller psicologici non potete non leggerlo e conoscerlo.

Riesce continuamente a farti credere che la fine della storia sia banale e che tu l’abbia intuita fin dal principio e dopo qualche capitolo ti fa ricredere per poi riportarti al vecchio pensiero.

Comunque in questo capitolo l’unico personaggio che ho apprezzato tanto è stato Mark, sono riuscita ad entrare in sintonia con lui (anche se non ho condiviso tutte le cose che ha fatto). Secondo me è stato il personaggio migliore. Dell’ambientazione invece non saprei che dire; diciamo che la sua descrizione non rientra negli obiettivi di Dorn. Inserisce giusto un paio di luoghi ma non descritti in maniera specifica.

Non gli ho dato 5 stelle perché, a differenza degli altri come vi dicevo, l’ho trovato un po’ più lento e non sono riuscita ad entrare del tutto in empatia con la protagonista. Ellen è troppo buona: capisco il voler aiutare a tutti o costi una persona, ma al suo posto non so se avrei rischiato così tanto per una sconosciuta da aiutare (scusate il cinismo).
Comunque, anche se un po’ inquietante, io mi schiero con il team Mark 🤣!

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