La psichiatra – Wulf Dorn

Lavorare in un ospedale psichiatrico è difficile. Ogni giorno la dottoressa Ellen Roth si scontra con un’umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia, a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente rannicchiata ai suoi piedi è stata picchiata, seviziata. È chiusa in se stessa, mugola parole senza senso. Dice che l’Uomo Nero la sta cercando.

La sua voce è raccapricciante, è la voce di una bambina in un corpo di donna: le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggire all’Uomo Nero. E quando il giorno dopo la paziente scompare dall’ospedale senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l’incubo. Nessuno l’ha vista uscire, nessuno l’aveva vista entrare. Ellen la vuole rintracciare a tutti i costi ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire.

Chi è quella donna? Cosa le è successo? E chi è veramente l’Uomo Nero? Ellen non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia.

Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine…

Recensione di: La Psichiatra

Questo autore è davvero mozza fiato, anche se ammetto che rispetto agli altri due, per questo ho impiegato più tempo a finirlo – sarà colpa del periodo di poco sonno e stress.

Qui la protagonista è una donna, una psichiatra per la precisione, che sotto suggerimento del suo compagno decide di dedicare del tempo a una paziente vittima di violenza. La donna però non interagisce e capire cosa sia successo e come aiutarla diventa difficile. Ma il giorno dopo la donna scompare e Ellen, la protagonista, capisce che c’è qualcosa di strano e che la donna va assolutamente trovata e aiutata. Purtroppo l’uomo nero la sta seguendo da un po’ e usa la donna per ricattarla e farle fare il suo gioco.

Ci ritroviamo davanti ad una situazione complicata che fa della mente la sua protagonista. Dorn è bravissimo in questo gioco, perché durante tutto il libro ti fa seguire un percorso con mille vie secondarie che tu continui a prendere e ad abbandonare ogni volta che viene detta una frase diversa da come te l’aspettavi.

Il suo dono è giocare con le menti raccontando di come la vita giochi continuamente con le menti. Forse non l’ho scritto in maniera molto chiara, ma vi assicuro che se vi piacciono i thriller psicologici non potete non leggerlo e conoscerlo.

Riesce continuamente a farti credere che la fine della storia sia banale e che tu l’abbia intuita fin dal principio e dopo qualche capitolo ti fa ricredere per poi riportarti al vecchio pensiero.

Comunque in questo capitolo l’unico personaggio che ho apprezzato tanto è stato Mark, sono riuscita ad entrare in sintonia con lui (anche se non ho condiviso tutte le cose che ha fatto). Secondo me è stato il personaggio migliore. Dell’ambientazione invece non saprei che dire; diciamo che la sua descrizione non rientra negli obiettivi di Dorn. Inserisce giusto un paio di luoghi ma non descritti in maniera specifica.

Non gli ho dato 5 stelle perché, a differenza degli altri come vi dicevo, l’ho trovato un po’ più lento e non sono riuscita ad entrare del tutto in empatia con la protagonista. Ellen è troppo buona: capisco il voler aiutare a tutti o costi una persona, ma al suo posto non so se avrei rischiato così tanto per una sconosciuta da aiutare (scusate il cinismo).
Comunque, anche se un po’ inquietante, io mi schiero con il team Mark 🤣!